La beatitudine della fede
Ratzinger: Wojtyla restituì al cristianesimo
la speranza che era stata ceduta al marxismo
IL COMMENTO ALL'OMELIA DEL PAPA
CITTA' DEL VATICANO – «Tante volte ci hai benedetto in questa Piazza dal Palazzo! Oggi, ti preghiamo: Santo Padre, ci benedica!». Le ultime due frasi non c’erano nel testo che ha scritto, Benedetto XVI le aggiunge a braccio a concludere l’omelia (leggi il testo completo). Poco dopo aver ricordato che «per 23 anni ho potuto stargli vicino e venerare sempre più la sua persona». Venerare. Le parole del pontefice, nel giorno della beatificazione, sembrano già annunciare la canonizzazione del predecessore. Del resto, fin dal giorno dei funerali «sentivamo aleggiare il profumo della sua santità». Certo, per la proclamazione del santo ci vorrà il riconoscimento di un altro miracolo e probabilmente ancora «qualche anno», stimava il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi. E lo stesso Benedetto ha ricordato di aver voluto che la causa procedesse «con discreta celerità» ma «nel doveroso rispetto della normativa della Chiesa», definita peraltro dallo stesso Giovanni Paolo II nella Costituzione apostolica Divinus Perfectionis Magister del 25 gennaio 1983.
BEATITUDINE - Ma ciò che è più importante è la ragione per cui Wojtyla viene elevato agli onori degli altari. Richiamandosi alle letture del giorno, Benedetto XVI ha parlato della «beatitudine della fede». Giovanni Paolo II ha dato un contributo decisivo al crollo del Muro: «Karol Wojtyła salì al soglio di Pietro portando con sé la sua profonda riflessione sul confronto tra il marxismo e il cristianesimo, incentrato sull’uomo». Ma l’analisi del pontefice va più oltre: «Quella carica di speranza che era stata ceduta in qualche modo al marxismo e all’ideologia del progresso, egli l’ha legittimamente rivendicata al cristianesimo». Così Wojtyla ha dato al cristianesimo «un rinnovato orientamento al futuro, il futuro di Dio, trascendente rispetto alla storia, ma che pure incide sulla storia».
FALLIMENTO DELLE IDEOLOGIE - Papa Ratzinger richiama un tema già affrontato nella Spe Salvi, la sua seconda enciclica: il fallimento delle ideologie, dalla «fede» illuministica nel progresso allo scientismo al marxismo, che pretendevano di costruire una «Nuova Gerusalemme» terrena mettendo da parte Dio. «È necessaria un'autocritica dell’età moderna», scriveva Benedetto XVI. Ma aggiungeva: «Bisogna che nell’autocritica dell’età moderna confluisca anche un’autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare a comprendere se stesso a partire dalle proprie radici». Anzitutto questo è stato il grande merito di Giovanni Paolo II, spiega il suo successore ricordando le «parole memorabili» della prima messa di Wojtyla in San Pietro: «Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!». Quello che il nuovo beato chiedeva a tutti «egli stesso lo ha fatto per primo», scandisce Benedetto XVI: «Ha aperto a Cristo la società, la cultura, i sistemi politici ed economici, invertendo con la forza di un gigante – forza che gli veniva da Dio – una tendenza che poteva sembrare irreversibile».
Gian Guido Vecchi